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La scopata da paura con Nicole


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
28.04.2025    |    17    |    0 8.0
"I suoi seni perfetti, alti, pieni..."
Prefazione

Di tutte le donne che avevo toccato, assaggiato, posseduto,
nessuna mi aveva mai fatto perdere la testa come Nicole.

Era giovane, fresca, viva.
Appena sposata con Carlos, già marchiata da me, suo zio Angelo.

Ma non era solo il suo corpo perfetto.
Era qualcosa di più.

Era la sua figa.
Una fessura divina, proibita, fatta apposta per farmi impazzire.

E io ormai non vivevo più per altro.
Solo per adorarla.
Solo per possederla.
Solo per distruggerla e ricostruirla a ogni scopata.



Racconto

Nicole era sdraiata nuda sul letto, il corpo appena bagnato da una doccia veloce.
La pelle ancora lucida, profumata di sapone e voglia.

La guardavo.

I suoi seni perfetti, alti, pieni.
Il ventre piatto, tremante a ogni respiro.
Le cosce lisce, forti, divaricate come un invito.

E tra quelle gambe aperte, lì…
il centro del mio universo.

La sua figa.
Stretta.
Rasata alla perfezione.
Gonfia di desiderio, rosa, pulsante.

Una visione capace di toglierti il respiro.



Mi avvicinai senza fretta.
Mi inginocchiai ai piedi del letto, come davanti a un altare sacro.

Allargai ancora di più le sue gambe con le mani.
Sentii il suo calore, il suo profumo intenso.

La figa di Nicole luccicava già, pronta.
Una goccia di umido scese lenta lungo la fessura perfetta.

Chiusi gli occhi.
Inspirai profondamente.

Sapore di paradiso e inferno mescolati insieme.



Senza dire nulla, iniziai a baciarla.

Prima l’interno delle cosce.
Poi piano, piano, salii.

La mia lingua lambiva il suo sesso divino, tracciando cerchi lenti intorno alle labbra gonfie.

Nicole gemette piano, la testa gettata all’indietro, le mani che si stringevano alle lenzuola.

«Zio…», sussurrò, la voce rotta di piacere, «adorami… adorami tutta… sono solo tua…»

Le sue parole mi accendevano come benzina sul fuoco.



Iniziai a leccarla più a fondo.

Divaricai le piccole labbra con le dita e infilai la lingua dentro la sua figa stretta.

La sentii tremare sotto di me.

Ogni affondo della lingua le strappava gemiti sempre più disperati.



La leccai come un ossesso.
Mi nutrivo di lei.

Il sapore della sua eccitazione mi invadeva la bocca, il naso, il cervello.

Nicole venne una prima volta, urlando, schiacciandomi la faccia contro il suo sesso, bagnandomi tutto.

Ma io non smisi.

Continuai a succhiarla, a penetrarla con la lingua, a divorarla senza pietà.



Quando la sentii sul punto di esplodere ancora, mi alzai.

Il cazzo mi pulsava, teso, duro da far male.

Nicole mi guardava con quegli occhi persi, supplichevoli.

Allungò una mano e guidò il mio cazzo tra le sue gambe spalancate.



Entrai in lei con un colpo secco.

Nicole urlò di piacere.

La sua figa perfetta si adattava a me come un guanto stretto, caldo, vivente.

La sentivo stringermi ad ogni affondo, succhiarmi, implorarmi di non fermarmi mai.



La scopai senza limiti.

Forte.
Profondo.
Violento.

Ogni colpo era un atto di venerazione e di distruzione.

Nicole gemette, pianse, urlò.
Veniva senza controllo, il corpo che si spezzava e si ricomponeva sotto di me.



La girai di scatto.
Le alzai il culo.
La presi da dietro, senza nemmeno darle il tempo di respirare.

Il suo sedere perfetto sbatteva contro il mio bacino a ogni spinta brutale.

«Zio… distruggimi… riempimi tutta… sono solo tua… solo tua per sempre…»

Quelle parole mi fecero perdere ogni freno.



Venni urlando, affondato dentro di lei fino all’osso.

Le riversai dentro tutto il mio seme, sentendo il suo corpo vibrare ancora, godere ancora.

Non mi ritirai subito.

Rimasi dentro quella figa stupenda, a pulsare dentro di lei, a sentire la vita scorrere da me a lei.



Finale

Quando finalmente mi staccai, la mia sborra colò lenta lungo le sue cosce lisce.

Nicole si stese esausta sul letto, le gambe ancora divaricate, la figa ancora aperta, ancora palpitante.

Mi guardò con un sorriso spezzato e dolcissimo.

«Questa figa, zio… è tua.
Solo tua.
Da adorare.
Da distruggere.
Da riempire.
Per sempre.»

E io sorrisi.

Perché sapevo che non l’avrei mai lasciata pulita.

Mai.
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